Giulietta 2.0 vendute in Italia
Nel nostro Paese sono state vendute solo come serie speciale o qualcosa di simile.
In totale se ne contano tre edizioni, uscite sempre “a fine serie” del modello di origine nel 1981, 1982 e 1984.
Il due litri di derivazione Alfetta esordisce sulla più piccola Giulietta nel 1980 solo per i mercati export: l’occhio allenato poteva distinguere una 2.0 da una 1.6, o 1.8 notando i cerchi di diametro maggiore (14 pollici) per pneumatici 185/65 HR. Per il resto i corpi vettura erano identici. Ritenendola “eccessiva” per il mercato domestico, dove le vendite premiavano la versione media 1.6 senza che la 1.8 lanciata nel 1979 avesse portato chissà che riscontro, l’Alfa Romeo introdusse nel mercato domestico la Giulietta 2.0 solo nella primavera del 1981, poco prima del restyling noto come “Giulietta ‘81”, ed in versione speciale “Super” con chiara connotazione sportiveggiante.
Disponibile unicamente nel colore grigio nube metallizzato, la Super era immediatamente riconoscibile per la fascia adesiva color crema attorno alla linea di cintura, interrotta dalla scritta “Super” sul fianco a base del montante anteriore, e da una S molto stilizzata nella parte destra del cofano baule. Lo stesso motivo color crema era inserito in uno scanso dei paraurti, che erano già in plastica (come sul modello di origine a partire dal 1980), laddove nel modello successivo avrebbe trovato posto la striscia grigio argento.
I pneumatici 185/65 HR erano calettati su cerchi in lega dal disegno semplice e pulito, ben adatti alla linea moderna della Giulietta (non una novità assoluta: da qualche tempo venivano offerti in opzione per le Alfetta berlina e coupè del mercato nordamericano). Scompare l’inserto cromato nelle guarnizioni di parabrezza e lunotto (stesse guarnizioni che si vedranno di li a poco sulle rinnovate Giulietta 1.3 e 1.6).
All’interno, il discusso volante con grande cuscino centrale era stato sostituito da un Momo “Lauda” in versione personalizzata per Alfa Romeo: razze satinate e corona rivestita in pelle marrone, coordinandosi così con le plastiche che nella Giulietta prima serie sono tipicamente marroni, in ossequio alla (effimera) moda del tempo che voleva il nero scomparire dagli interni vettura. Nero era invece il pomello del cambio (derivazione Alfasud terza serie) . I sedili sfoggiavano un velluto color castoro, con guarniture in beige chiaro che si ricollegavano idealmente alla fascia esterna color crema. Le notizie stampa dell’epoca parlavano di una tiratura limitata a 1500 pezzi.
Sempre “speciale” e declinata “sullo sportivo” è la Giulietta 2.0 TI lanciata nel 1982, pochi mesi prima della “terza serie”. Le differenze dalla 1.8, su cui è basata, sono meno appariscenti della Super ma comunque ne fanno una versione riconoscibile a colpo d’occhio.
Disponibile nei soli colori grigio chiaro e nero, entrambi metallizzati, differisce dalla sorella minore (di cui riprende gli allestimenti base) per la verniciatura dei telaietti porta in grigio scuro opaco, per i particolari plastici (paraurti, fasce sulle porte e minigonna sottoporta) in grigio chiaro con inserto nero, per i caratteristici cerchi “a disco” e l’assenza dell’inserto cromato (come per la precedente Super). In coda compare, a sinistra, la scritta satinata “Ti” (“Super” per alcuni mercati d’esportazione, dove è disponibile anche in rosso Alfa). All’interno, il volante è rivestito in pelle, la strumentazione prevede il tachimetro elettronico (scompaiono quindi i “cerchi” da cui spuntavano le piccole lancette, sostituiti dalla lunga lancetta tradizionale). La plancia è bicolore (nera la parte superiore, grigia quella inferiore), il rivestimento dei sedili è il velluto floccato grigio (dell’Alfetta 2.0 ’82) e per la prima volta il tessuto è utilizzato anche sul padiglione.
Nel 1984, quando manca poco al lancio dell’Alfa 75, torna ad essere disponibile nel mercato Italia una Giulietta 2.0. Basata sulla “Giulietta ’84 1.8 L” questa volta la caratterizzazione estetica è ancora minore, anche se sufficiente a renderla differente dai modelli due litri venduti normalmente all’estero (che differivano dalla 1800 solo nei cerchi, da 14 invece che 13 pollici).
Distinguerla non è facile se si tratta di una vettura grigio chiaro metallizzato, perché i paraurti previsti “in tinta vettura” in questo caso sono identici nel colore a quelli di tutte le altre versioni. Un occhio esperto noterà però che alla presenza degli indicatori di direzione incolore ed i lavatergifari (come nella 1.8) fa da corredo la mascherina nera della 1.6 (su 1.8 e 2.0 TD era grigia fin dalla serie ’81), stesso colore che si trova nella fascia posteriore portatarga (i due componenti erano sempre coordinati).
Molto più facile identificarla se rosso Alfa, opale metallizzato, luci di bosco metallizzato.
A differenza delle duemila precedenti, si perde un po’ della caratterizzazione sportiva (anche le guarnizioni di parabrezza e lunotto mantengono l’inserto cromato, peraltro dal 1984 usato pure sulla 1.6) e l’interno è meno specifico: si tratta del tweed con l’aggiunta di specifiche guarniture in velluto rasato blu, compreso un inserto con stampato il logo corsivo “AlfaRomeo”.
I cerchi in lega sono a richiesta, del tipo già visto.
Ecco, credo sia adesso spiegato il perché della rarità della Giulietta 2.0. Non solo la predilezione della clientela delle “due litri” su vetture di categoria superiore (la stessa Alfa Romeo aveva l’Alfetta 2.0 quale bestseller del segmento) ma anche la presenza “intermittente ed aleatoria” di questa versione, sempre considerata “particolare” quando non in serie limitata.
La difficoltà nella vendita di una vettura di quel segmento e di cilindrata così elevata (per l’Italia) era evidente allo scrivente sin da quegli anni, in cui ricordo la concessionaria pisana Autosas, già attiva sulle reti locali con programmi di pubblicità televisiva, offrire le ultime Giulietta 2.0 a prezzi inferiori a quello della 75 1.6, presentata da qualche tempo.